… e invece era mohair!
Le storie d’amore non sono sempre lineari, non credi? Era castano con del bei riflessi rossi. No, non ti sto parlando del mio primo amore, ma del primo gomitolo di mohair che mi sono trovata tra le mani, senza sapere proprio bene che cosa fosse.
Andò così. Mi ero decisa ad acquistare i materiali per far nascere la mia prima bambola. Mi ritrovai su un sito tedesco, di cui capivo decisamente poco. C’era una sezione che sembrava dicesse “Lana per i capelli”. Ok, ne ho bisogno, mi sono ritrovata a pensare e ho acquistato questo costosissimo gomitolo sfumato un po’ di rosso.
Come spesso accade, dalla foto non avevo proprio capito con chi avessi a che fare.
Arriva finalmente a casa mia la scatola con i materiali ordinati. La apro tutta emozionata e trepidante (e anche un po’ timorosa, conosci bene quel miscuglio di emozioni quando si è vicine a un nuovo inizio).
Faccio la conoscenza di questo gomitolo, così prezioso, morbido, tutto da accarezzare.

Io e il mohair: la fase di innamoramento
Mi piacque moltissimo la sensazione sia visiva sia tattile di quel gomitolo, un po’ tondo e schiacciato. Prima di allora non avevo mai visto una lana fatta così.
Per chi come me, non lo sapesse, il mohair è composto da un filo centrale, che gli dona la struttura, circondato da uno strato di “peluria”. Lascia una sensazione di tenerezza infantile, è come accarezzare la testa di un neonato, il pelo di un gatto o il morbido piumaggio dei pulcini.
Da quando ho ricevuto i materiali in casa a quando ho avuto il coraggio di darmi il permesso di provare a far nascere una bambola, sono trascorsi diversi mesi. Ogni settimana aprivo la scatola, riposta con religioso rispetto in un angolo dell’armadio, tiravo fuori ogni materiale, osservavo tutto, accarezzavo tutto e poi lo riponevo al suo posto. Un momento speciale era riservato al gomitolo di mohair. Ho cominciato a farmi delle domande.
Si usava come l’altra lana, quella “normale”? Oppure quella sua preziosità, quella sua struttura fatta in modo da esprimere morbidezza poteva essere utilizzata in un altro modo?

La fase di scoperta
Come succede per qualunque cosa che susciti il mio interesse, comincio a studiare. In che modo? Visto che in giro non c’erano corsi da frequentare o persone più esperte a cui chiedere?
Ho osservato con attenzione le bambole bellissime fatte dalle altre bambolaie: quelle teste così morbide, che mi colpivano così tanto, che facevano un effetto da una parte così naturale, dall’altra così strepitosamente magico mi sembrava che potessero avere a che fare con il misterioso gomitolo di mohair che custodivo gelosamente nell’armadio. Finché non ne ebbi la conferma!
Il filo di mohair, lavorato all’uncinetto, poteva creare vere e proprie magie che sfidavano la legge di gravità, come le nuvole nel cielo sereno e lo zucchero filato del Luna Park.
E che ci vuole? Penso baldanzosa. Mi armo di uncinetto, tiro fuori la morbida reliquia dalla sua scatola e comincio a fare delle prove…

La fase dell’incomprensione
E invece…. proprio no, io e quel filo non ci capivamo. Finché lo guardavo da lontano e sognavo le meravigliose chiome che avremmo potuto creare insieme, il nostro mondo era tutto fiori e arcobaleni. Quando però ho dovuto praticarlo da vicino, ho capito che dietro tutta quella morbidezza c’era una importante dose di spigolosità e di scontrosità, che non mi sarei mai e poi mai aspettata!
Tutto quel pelo rendeva il lavoro dell’uncinetto difficoltoso, il filo si incartava spesso e scorreva male, la lanugine si distribuiva a caso e mi rendeva difficile individuare i punti. Insomma, procedevo a caso, strattonavo il filo cercando di disincagliare la lanugine che si annodava, niente era come mi aspettavo. E alla fine di tanto sofrzo, mi trovo tra le mani una parrucchetta tutta spelacchiata. La peluria era presente anche all’interno del lavoro, nella parte in cui sarebbe andata a contatto con la cute e non sarebbe servita a niente.
Dove erano questi capelli morbidi come le piume dei pulcini? Dove erano queste magiche nuvole di schiuma posate sulle teste delle bambole che vedevo nei siti delle altre? Ah, di certo non erano tra le mie mani.

La fase della frustrazione
Come faccio sempre, ho cominciato a studiare il perché e il percome. E qui è cominciata una via crucis tra video e articoli in ogni lingua parlata sulla Terra. All’entusiasmo folle per aver trovato qualcosa, seguiva poco dopo la frustrazione per uno o più dei seguenti motivi:
- appena si arrivava al punto che interessava a me, saltava l’inquadratura e non riuscivo a vedere niente di quello che mi interessava, ma solo le cose più facili che avevo già capito
- il video era in qualche lingua totalmente incomprensibile per me e le lunghe spiegazioni in olandese o russo rimanevano un mistero
- magari capivo un po’ la lingua, ma quando si passava alla pratica, la luce era pessima e
- i video erano velocizzati al massimo e anche cercando di stoppare ogni tanto, quel gesto che mi avrebbe aiutata continuava a sfuggirmi
- magari era tutto perfetto, capivo la lingua, si vedeva e si sentiva bene ma appena si arrivava al momento di capire “il segreto” per trattare in modo degno quella preziosa lanugine, il video si interrompeva e faceva vedere la bambola bella e finita
- se scrivevo a qualcuna che mi sembrava più disponibile e simpatica per chiedere aiuto o non ricevevo nessuna risposta oppure solo dettagli vaghi che non mi aiutavano particolarmente.
Avrei pagato per un corso fatto bene che mi risolvesse il mistero, senza farmi perdere tutto quel tempo e quelle energie mentali (e quelle ore di sonno, perché naturalmente queste ricerche si svolgevano di notte, visto che lavoravo e avevo due bimbe piccole da crescere). Ma niente, questo corso non c’era o, se c’era, era nascosto bene, perché io ho rigirato Internet come un calzino senza trovare nulla.

La fase della comprensione profonda e dell’amore
Non mi sono arresa. Ho continuato a cercare, a provare, a sbagliare e ad arrabbiarmi. Ma pian piano, la mia parrucche erano sempre meno spelacchiate e un passetto più vicine al risultato che tanto desideravo.
E poi, finalmente, ho imparato! Dal mio uncinetto venivano fuori parrucche completamente rase all’interno e super pelose all’esterno! E poi, col tempo, quella lanugine ha cominciato a mostrarmi le sue variegate possibilità ed ho capito come fare per allungarla tantissimo, tanto da poterci fare trecce e codini.
L’amore per il mohair, a quel punto, è tornato ad accendersi. Non è stata una storia lineare, come ti ho anticipato all’inizio, abbiamo avuto bisgno di tempo per comprenderci, ma adesso è la mia lana preferita e non vedo l’ora di cominciare una bambola nuova per vedere dove possono ancora arrivare le sue potenzialità.

La fase della condivisione
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1 commento su “Io e il mohair: pensavo fosse amore…”
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